NEL PROCEDIMENTO DI DIVORZIO L’INCAPACITÀ NATURALE NON INCIDE SULLA CAPACITÀ PROCESSUALE (CASS. CIV. SEZ. I, 15 NOVEMBRE 2025, N. 30177)
La Suprema Corte ha recentemente affrontato un tema di grande rilevanza nel diritto di famiglia e nella tutela delle persone fragili: il rapporto tra il procedimento per l’amministrazione di sostegno e il giudizio di divorzio, con particolare attenzione alla capacità processuale del beneficiario e agli effetti della nomina dell’Amministratore di Sostegno sugli atti processuali.
In particolare, ha stabilito che “il procedimento per amministrazione di sostegno, così come l’eventuale incapacità naturale del beneficiario, non incide sulla sua capacità processuale né determina la sospensione o l’invalidità del giudizio di divorzio, in quanto solo una formale e specifica limitazione della capacità di agire, disposta dal Giudice Tutelare, può restringere la possibilità della parte di stare in giudizio; ne consegue che non esiste pregiudizialità logico-giuridica tra i due procedimenti e che la nomina dell’Amministratore di Sostegno non produce effetti retroattivi sugli atti processuali già compiuti dal beneficiario”.
Il caso prende le mosse dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Bologna che ha respinto il gravame proposto da una donna contro una decisione con cui il Tribunale di Modena aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto nel 1967, su ricorso depositato dal marito in data 23 giugno 2022 – dopo una prolungata separazione consensuale che era stata omologata in data 22 giugno 2000 – stante la ricostituzione da parte sua di una nuova famiglia.
La moglie si era opposta alla domanda di divorzio poiché il marito era affetto da grave patologia degenerativa, in relazione alla quale la moglie stessa in data 23 maggio 2022 (ovvero un mese prima del deposito del ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio da parte del marito) aveva adito il Tribunale di Modena con ricorso per la nomina di amministratore di sostegno nell’interesse del medesimo.
Il Tribunale di Modena aveva però respinto le richieste avanzate della moglie con il ricorso per divorzio, ritenendo:
“a) che non sussistessero i presupposti della richiesta sospensione necessaria di cui all’art. 295 c.p.c., non essendovi un rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di divorzio e il procedimento di amministratore di sostegno pendente tra le medesime parti e incardinato con ricorso un mese prima; b) che in quel procedimento non era stato nominato un amministratore di sostegno provvisorio, e che, sulla base della documentazione prodotta dalle parti, non sussistevano i presupposti di cui all’art. 4, comma 5, legge divorzile per la nomina di un curatore speciale al ricorrente (malattia di mente o incapacità legale); c) che non vi erano fatti sopravvenuti rilevanti rispetto al procedimento ex art. 710 c.p.c. congiunto e che non vi erano i presupposti per il riconoscimento di un assegno di divorzio provvisorio”.
La moglie proponeva quindi reclamo a tale ordinanza innanzi la Corte d’Appello di Bologna che lo respingeva.
Seguiva poi la prosecuzione del giudizio presso il Tribunale di Modena, che con sentenza non definitiva pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio rilevando appunto che “a) non vi era alcuna rapporto di pregiudizialità fra i procedimenti di divorzio e di nomina di amministratore di sostegno; b) comunque, l’incapacità naturale della parte non comportava incapacità processuale della stessa; c) che la nomina di un curatore, ex art. 4, comma V, legge sul divorzio era evidentemente superflua”.
La donna proponeva dunque appello anche avverso tale pronuncia, ma la Corte d’Appello respingeva il gravame e, dunque, la stessa decideva di ricorrere in Cassazione, chiedendo, tra l’altro, che la causa fosse differita in attesa della decisione del Tribunale di Modena sul ricorso per interdizione che la stessa aveva nel frattempo introdotto; richiesta che veniva respinta poiché non sussisteva alcuna pregiudizialità logico-giuridica tra i due procedimenti.
In sintesi, secondo la Suprema Corte la nomina di un Amministratore di Sostegno non influisce sulla capacità processuale del beneficiario e non sospende o invalida il giudizio di divorzio già in corso, salvo che non venga disposta una limitazione formale della capacità di agire da parte del Giudice Tutelare. Il procedimento di amministrazione di sostegno e il processo di divorzio sono separati dal punto di vista giuridico e non si condizionano reciprocamente.
Peraltro, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di secondo grado di non nominare un curatore speciale, poiché tale nomina viene disposta solo in casi eccezionali in cui vi sia una situazione di conflitto od impossibilità ad esprimere la volontà di un soggetto; situazione che nel caso di specie non poteva dirsi esistente poiché l’uomo era assistito dall’Amministratore di Sostegno e non risultava legalmente incapace.
Si tratta di una precisazione di rilievo, poiché la semplice apertura della procedura di amministrazione di sostegno o la sussistenza di una condizione di incapacità naturale non sono di per sé sufficienti a privare il beneficiario della possibilità di partecipare attivamente al processo. La ratio sottesa è quella di garantire la tutela della persona senza però svuotarla automaticamente della sua autonomia giuridica, in linea con i principi di proporzionalità e adeguatezza previsti dalla legge n. 6/2004 sull’amministrazione di sostegno.