BREVE RASSEGNA DELLE DECISIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE IN MATERIA DI MUTUO FONDIARIO – 2025.
A distanza di otto mesi dal pronunciamento delle Sezioni Unite con la sentenza del 5 marzo 2025 n. 5841, la Prima Sezione del Supremo Collegio è tornata in argomento in merito al mutuo solutorio a ripianamento di passività pregresse, con due recenti ordinanze nn. 27077 e 29112, datate rispettivamente 9 ottobre 2025 e 4 novembre 2025, confermandone la piena validità.
Secondo l’orientamento adottato dalle Sezioni Unite citate, che ha trovato nuova conferma anche nell’ultimo arresto della Prima Sezione del 4 novembre 2025, il contratto di mutuo si perfeziona nel momento in cui le somme vengono messe nella disponibilità giuridica del mutuatario, senza la necessità di una consegna materiale; in tal senso la Suprema Corte ha affermato che è sufficiente la messa a disposizione, ovvero l’accredito sul conto corrente, indipendentemente dall’eventuale utilizzo delle somme per estinguere debiti pregressi. Per questo motivo, quando detto negozio viene utilizzato per estinguere passività pregresse, è pienamente valido.
Nell’ordinanza 27077 del 9 ottobre 2025 la Corte ha invece vagliato un differente profilo di nullità potenziale del mutuo solutorio, indagando su un ipotetica assenza di causa, avuto riguardo alla estraneità dello scopo del finanziamento dalla causa del contratto; al contrario, secondo l’impostazione dei Giudici di legittimità espressa nella citata sentenza, la causa del negozio è da rinvenire nell’immediata disponibilità di denaro a fronte della concessione di una garanzia immobiliare ipotecaria, e dall’obbligo di restituzione della somma erogata.
Sembra quindi chiudersi questa annata, il 2025, dove il mutuo fondiario è più volte finito sotto la lente d’ingrandimento dei Giudici di legittimità.
Oltre alla travagliata stagione del consolidamento delle passività pregresse, va infatti ricordato che, nella prima parte dell’anno, la Cassazione ha vagliato la compatibilità di detto negozio con il divieto di assistenza finanziaria dell’art. 2358 c.c. ovvero quando utilizzato nell’ambito delle c.d. “operazioni baciate”, vale a dire per l’acquisto di azioni proprie. Il caso è stato risolto positivamente dal Supremo Collegio per le società cooperative per azioni nonché per le Banche popolari che ne rivestono la forma (Cass. 8 gennaio 2025, n. 372), dal momento che quello dell’art. 2358 c.c. non è un divieto assoluto, essendo consentito il prestito per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni alle condizioni dell’articolo richiamato, ovvero previa delibera dell’assemblea straordinaria e a condizione che “l’importo complessivo delle somme impiegate e delle garanzie fornite ai sensi del presente articolo non ecceda il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato”.
Da non dimenticare, infine, la cruciale sentenza n. 5968 delle Sezioni Unite sul mutuo fondiario condizionato, pubblicata proprio l’indomani del pronunciamento sul mutuo solutorio. In quest’ultimo caso la Corte è stata chiamata ad esaminare la validità di un accordo negoziale con cui una Banca ha concesso una somma a mutuo effettivamente erogandola, ma convenendo allo stesso tempo che tale importo fosse immediatamente ed integralmente restituito alla mutuante con l’intesa di svincolarlo in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, nel caso di specie, in attesa del consolidarsi delle garanzie concesse all’istituto di credito.
In quest’ultimo caso la Corte, confermando, come pure nel caso del mutuo solutorio, che la traditio del denaro può avvenire anche in maniera simbolica, ha ribadito che ai fini della validità del contratto di mutuo ciò che conta è la concreta possibilità del mutuatario di utilizzare le somme versate, potendo il cliente contestare la presunta erogazione del denaro chiedendo alla Banca la prova dell’effettività dell’accredito delle somme accessibili ed utilizzabili senza restrizioni o condizioni. In altre parole, se il mutuo è stato formalmente erogato, ma il Cliente non ha mai avuto la possibilità di prelevare o trasferire liberamente il denaro, il titolo può essere contestato, infatti, secondo la Corte, la mancata produzione di prove sull’effettivo utilizzo, può determinarne l’invalidità del titolo esecutivo, impedendo alla Banca di proseguire l’azione forzata.