LA RESPONSABILITÀ DEL PROGETTISTA-DIRETTORE DEI LAVORI IN CASO DI ABUSO EDILIZIO
In tema di responsabilità del progettista-direttore dei lavori per abuso edilizio, la vendita degli immobili rappresenta uno sviluppo prevedibile e naturale dell’attività edilizia e non costituisce causa autonoma e imprevedibile idonea a interrompere il nesso causale tra la condotta del professionista e il danno subito dagli acquirenti. La violazione urbanistica incide direttamente sulla commerciabilità e sull’utilizzo economico del bene, saldando così il nesso causale tra la condotta illecita e il pregiudizio lamentato, a prescindere dalla prevedibilità soggettiva dell’evento dannoso, che rileva solo ai fini della responsabilità contrattuale ai sensi dell’art. 1225 c.c.. Pertanto, sussiste la responsabilità risarcitoria del progettista-direttore dei lavori per i danni subiti dagli acquirenti degli immobili.
Così si è pronunciata Cassazione civile con ordinanza n. 27558 del 16 ottobre 2025 in tema di nesso di causalità tra la condotta illecita del professionista e il pregiudizio subito dagli acquirenti.
La vicenda trae origine dalla scoperta, da parte degli acquirenti di un immobile, di una irregolarità edilizia tale da rendere l’immobile incommerciabile, a fronte della quale gli acquirenti convenivano in giudizio non solo il costruttore-venditore, ma anche il direttore dei lavori, per la condanna, in solido tra loro, al risarcimento del danno subito dalla mancata possibilità di ottenere il certificato di agibilità (ovvero, ed in termini pratici, il rimborso del costo per la pratica di sanatoria e le spese correlate alla risoluzione del contratto preliminare di compravendita già stipulato con terzi).
Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda degli attori, ravvisando una violazione dell’art. 1477 c.c. nella condotta del costruttore-venditore, e una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. in quella del progettista-direttore dei lavori; quest’ultimo, impugnando la sentenza di primo grado, otteneva dalla Corte d’Appello una riforma della sentenza di primo grado: e infatti la Corte aveva ritenuto che il nesso di causalità tra la condotta illecita del professionista che aveva causato – o quantomeno non aveva prevenuto – l’abuso edilizio e il pregiudizio degli acquirenti fosse stato interrotto da fattori autonomi e imprevedibili, quali la negligenza degli acquirenti nel non aver effettuato le opportune verifiche sul bene immobile acquistato, e la mancata attivazione, da parte del venditore, della pratica per ottenere la sanatoria; eventi, questi, che il Giudice d’appello aveva ritenuto idonei ad interrompere il nesso di causalità e a svincolare il direttore dei lavori dalla responsabilità ascrittagli dal Giudice di primo grado.
Di tutt’altro avviso è stata la Suprema Corte, la quale ha invece colto l’occasione per ribadire che la causa sopravvenuta deve essere autonoma e imprevedibile per poter essere idonea a interrompere il nesso di causalità, caratteristiche, queste ultime, che la Corte non ha rinvenuto nel caso de qua, ritenendo la vendita di un immobile uno sviluppo prevedibile e naturale dell’attività edilizia, e pertanto inidonea all’interruzione del nesso causale.
Al contrario, l’abuso edilizio incide direttamente sulla commerciabilità e sull’utilizzo economico del bene, saldando così il nesso causale tra la condotta illecita e il pregiudizio lamentato; d’altra parte, a poco rileva la prevedibilità del danno, da parte del direttore dei lavori, incidendo questa esclusivamente come criterio di limitazione nell’ambito del risarcimento del danno da responsabilità contrattuale ex art. 1225 c.c..