REVOCATORIA FALLIMENTARE – Ipoteca costituita per debito scaduto, ininfluenza della rateizzazione
Con sentenza n. 3450 dell’11 gennaio 2025 la Suprema Corte ha stabilito che si applichi la disciplina di cui all’art. 67, comma 1 n. 4, vecchia legge fallimentare (ora art. 166, comma 1 lett. d, C.C.I.I.) relativa alle garanzie costituite su un debito scaduto, anche alla fattispecie in cui le garanzie siano state costituite per un debito inizialmente scaduto che è stato poi oggetto di rinegoziazione tra le parti tramite un piano di rientro, e proprio per garantire tale rientro; in tali casi, pertanto, l’atto costitutivo della garanzia sarà revocabile se intervenuto “dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori”, e non nell’anno anteriore (art. 166, comma 1 lett. c, C.C.I.I.), fermo restando che sarà onere del creditore convenuto dimostrare l’inscientia decotionis, e non del Curatore dimostrarne la scientia.
La Suprema Corte ha stabilito, infatti, in via nomofilattica che la mera stipulazione di un piano di rateizzazione (o dilazione) tra debitore e creditore non esclude il fatto che il debito, se anteriormente scaduto, debba essere considerato tale ai fini di cui si discute; semmai, tale credito non sarebbe da considerare più esigibile sino al nuovo termine fissato per l’adempimento, ritenendo che “non può qualificarsi un debito preesistente come non scaduto solo perché, alla data di costituzione dell’ipoteca, sia concessa una proroga finalizzata alla sua differita estinzione, dovendosi valutare, proprio ai fini delle norme qui in discussione (comma 1 n. 4 dell’art. 67 L.F.), se il debitore sia già inadempiente all’atto della menzionata costituzione, non rilevando che sia stata concessa una proroga al pagamento”.
Ne deriva che la norma applicabile non poteva essere in alcun modo l’art. 67, comma 1, n. 3, L.F., che determina, per l’appunto, la revocabilità delle garanzie costituite entro l’anno anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento (ora entro l’anno dal deposito del ricorso unitario) bensì il comma 4, che riduce tale termine ai sei mesi precedenti.
Pertanto, è di tutta evidenza che al momento della pattuizione del nuovo termine in sede di riscadenzamento del debito, essendo già scaduto il termine fissato per l’originario adempimento, il debito fosse a tutti gli effetti già esigibile, con la conseguenza che “la proroga del termine non può che ritenersi logicamente successiva (o quantomeno contestuale) alla concessione della garanzia, della quale costituisce ragionevole contropartita”.
Inoltre, la Corte si è soffermata anche sul termine di decorrenza dell’anzidetto del periodo sospetto che, in questo caso, non coincide con il giorno dell’iscrizione del gravame presso la Conservatoria RR.II., ma con la data dell’atto di concessione della garanzia.
In conclusione, questo il principio di diritto nomofilatticamente affermato “in tema di revocatoria fallimentare, quando una garanzia (nella specie, ipoteca) sia rilasciata a favore del creditore dopo che si sia già verificato l’inadempimento del termine originario di pagamento, il debito può considerarsi scaduto, per gli effetti di cui all’art. 67 comma 1 n. 4 L.FALL., a nulla rilevando che tra debitore e creditore venga contestualmente pattuito un piano di rateizzazione (o una dilazione di pagamento), allorché risulti che in effetti il nuovo termine che ne deriva è concesso proprio sul presupposto della costituzione della garanzia e così tali operazioni sono legate da un nesso teleologico unitario”.