CESSIONI IN BLOCCO: LA DURA VITA DEL CESSIONARIO

Nel mercato della cessione dei crediti deteriorati, oggi sicuramente di grande appeal tra gli operatori del settore bancario e finanziario, si privilegiano le esigenze imprenditoriali di celerità nella conclusione degli accordi, finendo per sacrificare, talvolta, la precisione di dettaglio.

L’art. 58 t.u.b. risponde, in effetti, alla necessità di celerità imprenditoriale, prevedendo una disciplina semplificata per la cessione di crediti in blocco: il cedente è infatti dispensato dalla notifica individuale al debitore ceduto, essendo sufficiente la pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale e l’iscrizione nel registro delle imprese.

Ebbene, se la disposizione, sul piano astratto, non crea particolari problematiche, sul piano sostanziale presta il fianco a potenziali rischi di incertezza nei casi di cessioni generiche e indistinte di crediti, finendo talvolta a rasentare un caso di oggettiva indeterminatezza dei rapporti specifici oggetto di cessione; in effetti, pur non essendo in sé contestabile l’esistenza dell’operazione di cessione di crediti “in blocco”, perché di prassi viene adeguatamente documentata dal perfezionamento del sinallagma che risulta di agevole produzione in giudizio, talvolta la genericità, sia degli avvisi che degli stessi contratti di cessione, non consente sempre di appurare l’effettiva riconducibilità dello specifico credito a quelli individuabili in blocco.

Tutto ciò si traduce, sul piano processuale, in potenziali eccezioni di legittimazione attiva del cessionario, sempre tenuto all’onere della prova della titolarità del credito.

Dunque, l’avviso di cessione, di per sé non basta: l’esigenza di certezza nei rapporti traslativi di credito è stata declinata dalla giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto, affermando il principio, secondo cui “In tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (Cass. 22 giugno 2023 n. 17944; Cass. 16 aprile 2021, n. 10200).

Il massimo Organo nomofilattico è ritornato anche di recente sul punto, stabilendo, sempre in tema di cessione del credito ex art. 58 Tub, che “la pubblicazione dell’avviso della cessione […] non ha efficacia costitutiva” e che “il credito controverso [deve essere] riconducibile con certezza a quelli oggetto della cessione in blocco”. (Cass. 17 giugno 2025, n. 16368).

Quindi, non è necessaria la specifica enumerazione di ognuno dei crediti ceduti, nella misura in cui gli elementi comuni, che sono stati presi in considerazione per la formazione delle singole classi dei crediti, consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto di cessione ma, soprattutto, nessuna efficacia costitutiva, essendo insostituibile la prova dell’avvenuta cessione attraverso la produzione in giudizio dell’accordo di cessione e relegando la pubblicazione dell’avviso a mera funzione di pubblicità-notizia. Questo anche in considerazione del fatto che, sempre di recente, la Cassazione ha pure stabilito che “il mero possesso da parte del cessionario della copia dei documenti idonei a provare l’esistenza del credito non equivale, evidentemente, a dimostrare l’effettiva titolarità del diritto del quale si discute (Cass. 25 agosto 2025, nn. 23834, 23849 e 23852).

In questo contesto si inserisce la recente sentenza della Corte d’Appello di Bologna, la quale si mostra ancora più rigorosa rispetto all’orientamento di legittimità sopra citato, specificando che, qualora il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti di cessione, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (Appello Bologna, 6 settembre 2025, n. 1483).

Secondo il giudice del gravame felsineo la notificazione, che peraltro produce solo effetti verso il debitore ceduto, può rivestire un valore indiziario in un più complesso accertamento delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale l’avviso dovrebbe contenere tutti specificatamente gli elementi necessari ad identificare con precisione il credito, in modo tale da poter affermare con certezza la sua inclusione nella cessione.

Nel caso di specie, la documentazione in atti non risultava idonea a provare il trasferimento del credito azionato in capo al cessionario, attesa la genericità dell’individuazione dei crediti oggetto di cessione “per tipologia”. Né, tantomeno, poteva assurgere a dimostrazione sul punto la “lista dei crediti ceduti” seppur prodotta, atteso che si trattava di estratto di data non certa e non circostanziato, e comunque non idoneo a provare che il credito oggetto del giudizio facesse parte del portafoglio ceduto.

In conclusione, se la cessione in blocco può creare incertezza sull’effettiva titolarità del credito, dando adito a possibilità per il debitore di sollevare eccezioni di legittimazione attiva, carenza di prova e conseguente difficoltà per la cessionaria di fornire prova puntuale e documentata in giudizio, appare qui opportuno concludere ritenendo che, in materia di dati e informazione dei rapporti da inserire nelle cessioni in blocco, al “less is more” sia da preferire “abundare quam deficere”.