NEL PRECETTO SU SENTENZA NON E’ NECESSARIO INDICARE IL PROVVEDIMENTO DI ESECUTORIETA’
Con l’ordinanza n. 7111/2025, pubblicata il 17 marzo 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla validità o meno della notifica di un atto di precetto in forza di una sentenza, che sia peraltro privo dell’indicazione dell’apposizione della formula esecutiva e/o della data di esecuzione della formalità.
Vale la pena rammentare che il decreto di esecutorietà, contemplato – quanto ai decreti ingiuntivi – dal 1° comma dell’art. 654 c.p.c., ha carattere dichiarativo-costitutivo: in altri termini, è requisito formale indispensabile per l’acquisizione della qualità di titolo esecutivo; se l’esecutorietà del decreto ingiuntivo non è stata disposta con uno dei provvedimenti previsti dall’art. 653 c.p.c., essa può essere conferita con decreto del Giudice che ha pronunciato l’estinzione del giudizio di opposizione, scritto in calce all’originale del decreto stesso. Il decreto ingiuntivo, munito della dichiarazione di esecutorietà, costituisce titolo esecutivo a tutti gli effetti e non deve essere ulteriormente notificato per procedere ad esecuzione forzata (questo per semplificare l’inizio del procedimento esecutivo).
In questo caso il creditore procedente è tenuto a fare menzione nel precetto del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà, e l’omessa menzione di tale provvedimento determina la nullità del precetto, deducibile mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 del c.p.c..
L’erronea indicazione della data di emissione dell’ordinanza che concede la provvisoria esecuzione, invece, non comporta la nullità del precetto qualora l’esigenza di determinazione del titolo esecutivo sia soddisfatta da altri elementi contenuti nel precetto stesso.
Sul tema è intervenuta, come noto, la c.d. Riforma Cartabia (decreto legislativo n.149/2022) che con decorrenza dal 1° marzo 2023 ha tra l’altro apportato alcune modifiche al libro terzo del codice di procedura civile e al processo esecutivo. In particolare:
- l’art. 474 c.p.c. è stato modificato con l’aggiunta di un ultimo comma: ‘‘il titolo è messo in esecuzione da tutti gli ufficiali che ne siano richiesti e da chiunque spetti, con l’assistenza del pubblico ministero e il concorso di tutti gli ufficiali della forza pubblica, quando ne siano legalmente richiesti’’;
- l’art. 475 c.p.c., che nella sua precedente formulazione prevedeva che i titoli esecutivi dovessero essere necessariamente muniti di formula esecutiva, salvo diversa disposizione di legge, prevede oggi che ‘‘le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti dell’autorità giudiziaria, nonché gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipula dell’obbligazione, o per i suoi successori, devono essere rilasciati in copia attestata conforme all’originale, salvo che la legge non disponga altrimenti’’.
Con tali modifiche è stato abolito del tutto il concetto di copia esecutiva e quello di formula esecutiva e sono stati sostituiti con la locuzione “copia attestata conforme all’originale”.
Il primo obiettivo – di ordine pratico – che le modifiche intendono perseguire con l’abolizione della formula esecutiva è quello di eliminare tutti gli inutili passaggi procedurali che appesantiscono il lavoro delle cancellerie, nonché il contenimento dei costi e dei tempi impiegati per l’ottenimento della formula esecutiva.
L’obiettivo giuridico, invece, attiene alla opportunità di superare profili formali, retaggio di epoche storiche lontane e di fatto obsoleti. La dottrina, prima, e la giurisprudenza, poi, avevano spesso svilito la rilevanza della formula esecutiva escludendo la nullità dell’atto come titolo esecutivo allorquando veniva eccepita la nullità soltanto per la mancanza della formula.
Tornando alla vicenda esaminata dai Giudici della Suprema Corte, essa origina dalla notifica di un atto di precetto fondato su una sentenza, munita di formula esecutiva (evidentemente apposta prima della Riforma Cartabia), emessa all’esito di una causa avente ad oggetto una divisione ereditaria e di una sentenza d’appello che aveva dichiarato l’estinzione del giudizio d’impugnazione e, quindi, confermato la decisione di primo grado.
Avverso l’atto di precetto, il debitore proponeva opposizione contestando nel merito il diritto degli intimanti a procedere con l’esecuzione forzata e, in via pregiudiziale, la mancata indicazione nel precetto della data di apposizione della formula esecutiva.
All’esito del giudizio, il Tribunale dava ragione all’opponente, dichiarando l’illegittimità del precetto per la violazione del secondo comma dell’art. 654 c.p.c., stante la mancata indicazione della data di apposizione della formula esecutiva.
Ritenendo errata la decisione del Tribunale, gli originari intimanti investivano della questione la Corte di Cassazione, denunciando con un unico motivo di gravame la violazione e la falsa applicazione degli artt. 480 e 654 c.p.c..
Il ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale, decidendo nel merito, ha rigettato l’opposizione al precetto; la Suprema Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale di legittimità secondo il quale «il precetto fondato su un titolo esecutivo diverso dal decreto ingiuntivo munito di esecutorietà dopo la sua notificazione non deve necessariamente indicare l’apposizione della formula esecutiva sull’atto, né la data di esecuzione di detta formalità, non trovando applicazione – nemmeno in via analogica – il disposto dell’art. 654, comma 2, c.p.c., norma speciale e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica» (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11242 del 06/04/2022, con riguardo al mutuo fondiario).
La questione si poneva appunto in relazione a un precetto notificato prima della Riforma Cartabia ed ha consentito alla Suprema Corte di ribadire importanti principi di diritto in merito all’ambito applicativo dell’art. 654 c.p.c. e alla distinzione tra titoli esecutivi.
Secondo i Giudici di legittimità, l’art. 654 c.p.c. è norma speciale riferita esclusivamente ai decreti ingiuntivi, che necessitano di apposizione della esecutorietà dopo la notifica del provvedimento. La disposizione non può essere estesa analogicamente ai titoli esecutivi di natura diversa, come le sentenze.
Al contrario, in base all’art. 480 c.p.c., che disciplina il contenuto dell’atto di precetto in via generale, l’unica indicazione richiesta è quella della data di notifica del titolo esecutivo, qualora questa non sia contestuale.
La Corte ha richiamato, a sostegno, un orientamento già espresso (Cass. civ., n. 11242/2022), secondo cui “il precetto fondato su un titolo esecutivo diverso dal decreto ingiuntivo munito di esecutorietà dopo la sua notificazione non deve necessariamente indicare l’apposizione della formula esecutiva sull’atto, né la data di esecuzione di detta formalità, non trovando applicazione – nemmeno in via analogica – il disposto dell’art. 654, comma 2, c.p.c.”.
Alla luce di ciò, la Cassazione ha cassato la sentenza del Tribunale, rigettando l’opposizione e decidendo nel merito, con piena validità riconosciuta al precetto notificato.