AZIONE SURROGATORIA DEL CREDITORE DEL LEGITTIMARIO PRETERMESSO (Ordinanza 02.01.2025, n. 23)
La seconda Sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria che si annota, ha affidato alle Sezioni Unite il compito di decidere se il creditore del legittimario pretermesso – nel caso di specie, il creditore di un figlio diseredato dal genitore – possa esercitare l’azione di riduzione in luogo del diseredato, al fine di soddisfarsi sulla quota di legittima a quest’ultimo spettante.
Il caso riguardava un creditore che era intervenuto in un giudizio di querela di falso promosso da due figli contro il padre, avente ad oggetto due testamenti olografi del nonno paterno: il creditore intendeva esercitare in via surrogatoria l’azione di riduzione per lesione di legittima, spettante al suo debitore, figlio pretermesso del de cuius, contro il testamento che istituiva eredi i soli nipoti.
Il Tribunale respingeva la domanda dell’intervenuto, decisione peraltro confermata nel successivo giudizio di impugnazione: la Corte d’Appello, pur ritenendo sussistenti i requisiti dell’esistenza del credito e dell’insolvenza del debitore, giudicava insussistente il presupposto dell’inerzia dello stesso, essendosi il legittimario pretermesso nel frattempo costituito tardivamente nel giudizio di primo grado, chiedendo tra l’altro l’accoglimento della domanda di falso dei figli attori contro il testamento in suo favore e, in un separato giudizio di petizione ereditaria, aveva proposto domanda riconvenzionale di riduzione per lesione di legittima contro il testamento a favore dei nipoti.
Non vi sarebbe stata quindi, a parere del Giudice di secondo grado, alcuna inerzia o trascuratezza del debitore, che avrebbe esercitato i diritti e le azioni a lui riconosciuti dall’ordinamento, non potendo il suo creditore pretendere di esercitarli per propri interessi con diverse modalità.
L’intervenuto creditore, soccombente nei primi due gradi di giudizio, ricorreva pertanto per Cassazione, chiamata pertanto a pronunciarsi in merito alla correttezza della nozione di trascuratezza, quale presupposto dell’azione surrogatoria dell’art. 2900 c.c., utilizzata dall’impugnata sentenza.
Osservavano i Giudici di legittimità come nel panorama giurisprudenziale attuale si contendono la scena due orientamenti: il primo – più tradizionale, al quale aderisce la sentenza impugnata – adotta una interpretazione restrittiva del concetto di trascuratezza, correlata all’eccezionalità del rimedio di cui all’art. 2900 c.c., intesa quale comportamento omissivo o insufficientemente attivo del debitore, al quale non può equipararsi un comportamento positivo, per cui il creditore non può chiedere di sostituirsi al debitore per sindacare le modalità con cui questi abbia ritenuto di esercitare la propria situazione giuridica.
Un diverso orientamento, invece, valorizzando il mutamento terminologico rispetto al previgente codice civile, il quale rinviava al concetto di “inerzia”, ritiene che non sia necessaria una inattività totale del debitore, bensì sia sufficiente un esercizio incompleto e quantitativamente insufficiente del diritto. Secondo tale orientamento nel concetto di trascuratezza è possibile, dunque, ricomprendere ogni deficienza rispetto a ciò che il debitore avrebbe potuto fare per perseguire correttamente e proficuamente le proprie ragioni.
La seconda Sezione – nel disporre la trasmissione degli atti al Primo Presidente – evidenzia come il primo orientamento giurisprudenziale richiamato, caratterizzato da un atteggiamento di totale chiusura verso l’azione surrogatoria a tutela del creditore, presti il fianco ad iniziative strumentali del debitore e debba, pertanto, essere riconsiderato dalle Sezioni Unite della medesima Corte.
Connessa a tale problematica è l’altra questione rimessa alle Sezioni Unite, ovvero l’esperibilità in via surrogatoria dell’azione di riduzione per lesione di legittima da parte del creditore del legittimario totalmente pretermesso, il quale abbia trascurato di esercitarla.
Hanno osservato gli Ermellini come dalla giurisprudenza della Corte al momento predominante, si ammette tale possibilità mediante una lettura in negativo dell’art. 557 co. 3 c.c. – la quale vieta ai creditori del defunto di chiedere la riduzione o approfittarne se il legittimario ha accettato con beneficio d’inventario – e ritenendo pertanto che, in caso di accettazione pura e semplice, tale divieto non operi.
Tuttavia, anche su tale orientamento la seconda Sezione ha espresso perplessità, sottolineando in particolare come la disposizione di cui sopra si riferisca ai soli creditori del defunto e non – come nel caso di specie – a quelli del legittimario pretermesso, e soprattutto come da una previsione in negativo si pretende di desumere in positivo una legittimazione eccezionale, evidenziando altresì come l’esperimento vittorioso dell’azione in via surrogatoria porti a rilevanti effetti personali e patrimoniali per il legittimario (qualità di erede, responsabilità per debiti) senza una sua accettazione.
La Corte in merito propone una rivalutazione dell’istituto dell’impugnazione della rinuncia da parte dei creditori ex art. 524 c.c., finora ritenuto inapplicabile al legittimario totalmente pretermesso in quanto non chiamato all’eredità; tale strumento, unendo elementi dell’azione revocatoria e surrogatoria, consentirebbe una tutela più efficace e bilanciata dei creditori, senza imporre al legittimario indesiderati effetti dell’accettazione dell’eredità.
La Corte auspica quindi un ripensamento nomofilattico da parte delle Sezioni Unite su entrambe le problematiche, per garantire una più coerente ed efficace tutela dei creditori del legittimario pretermesso, contemperandola con la volontà testamentaria e la libertà del legittimario.