LE NUOVE FRONTIERE DELLA MALVERSAZIONE AI DANNI DEI PRIVATI

Con sentenza n. 28416 del 6 maggio 2022, la VI Sezione della Camera Penale è tornata a pronunciarsi sulla configurabilità della fattispecie di malversazione ai danni dello Stato, di cui all’art. 316 – bis c.p. nelle ipotesi di distrazione delle somme ottenute in prestito da un Istituto di Credito privato tramite garanzia fornita dal Fondo per il sostegno delle piccole medie imprese colpite dalla crisi economica conseguente alla diffusione del virus Sars-Cov 2.

La vicenda giunta al vaglio della Suprema Corte ineriva il caso di un soggetto che, ottenuti fondi per il risanamento della propria attività alle condizioni agevolate previste dall’art. 13 lett. m, D.L. 23/2020, c.d. “decreto liquidità”, li destinava ad uno scopo diverso da quello al quale ne risultava subordinato l’ottenimento; in altre parole, commetteva la tipica condotta distrattiva tipizzata dall’art. 316-bis c.p., apparentemente ai danni dell’Istituto, ripetiamo, privato erogante.

Vicenda non dissimile era stata affrontata dalla stessa Sezione pochi mesi prima (Sez. VI del 14 giugno 2021 n. 22119) allorché si era escluso di poter ravvisare la fattispecie di cui all’art. 316-bis c.p., nelle ipotesi di omessa destinazione delle somme ottenute ai sensi della l. n. 40 del 2020 e assistite dalla garanzia di SACE S.p.A., alle finalità di interesse generale previste dall’art. 1 della legge citata, in ragione dell’estraneità della anzidetta società di garanzia al novero dei soggetti pubblici, rilevando, detta condotta, unicamente nel rapporto privatistico del mutuo.

In detta occasione sottolineava la Suprema Corte che il vincolo di destinazione delle somme mutuate, espressamente inserito nel sinallagma contrattuale e caratteristico del mutuo di scopo, entrando nella struttura del negozio e connotandone il profilo causale tanto sotto un aspetto strutturale, quanto sotto un aspetto funzionale, attraeva la condotta distrattiva delle somme vincolate, ad un’ipotesi di inadempimento contrattuale, con l’obbligo conseguente, in capo al distrattore, di ripetere quanto indebitamente percepito.

In detta pronuncia la Corte aveva ravvisato l’esigenza di contenere i confini dell’antigiuridicità penale alle ipotesi strettamente tipizzate dal legislatore per scongiurare il rischio di applicazione analogica in malam partem delle fattispecie in esame. Alla base di questo escamotage interpretativo, la scelta – non troppo coraggiosa – di riconoscere nello schema operativo delineato dalla L. n. 40 del 2020, due differenti rapporti giuridici: uno tra l’impresa ed il soggetto finanziatore, riconducibile ad un mutuo di scopo legale; ed uno, di carattere accessorio, avente ad oggetto la garanzia a prima richiesta rilasciata dalle Società (a propria volta garantite dallo Stato), al soggetto finanziatore per il caso di mancata restituzione del finanziamento.

Senonché, il delineato panorama di compromesso e tolleranza è stato sovvertito dalla pronuncia del 6 maggio scorso che, in aperta controtendenza, riconosce nel compimento della condotta distrattiva gli estremi per l’applicazione della fattispecie di cui al 316-bis c.p., individuando, con finalità marcatamente deterrenti, nel ruolo del privato Istituto di credito mutuante, una sorta di longa manus del soggetto pubblico ed equiparando pertanto gli effetti della distrazione ai danni di quest’ultimo, a quelli compiuti ai danni degli enti pubblici.

Alla luce della più recente pronuncia, si dovrà quindi contestare il reato di cui all’art. 316-bis nel caso in cui, successivamente all’erogazione da parte di un Istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia rilasciata dal Fondo per me PMI, a sensi dell’art. 13, lett. m) D.L. 23/2020, gli importi ricevuti non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato.

Un breve cenno merita l’individuazione del momento consumativo del reato, individuato comunemente nel perfezionamento della distrazione, che ha luogo, ove non previsto un termine per la destinazione delle somme erogate allo scopo pattuito, nell’istante in cui viene compiuta la prima condotta distrattiva, che attrae le successive nel reato ad effetti naturalmente permanenti; diverso invece il momento consumativo nelle ipotesi in cui sia stato originariamente previsto un termine per la destinazione dei fondi, che non consente il perfezionamento del delitto – se non nella forma del tentativo – fin tanto che residuino spazi per la realizzazione del pattuito fine istituzionale.

Convenire dunque un termine per il perseguimento dello scopo finanziato potrà risultare una scelta vincente per il mutuatario.

Resta infine aperta un’importante questione – per dirimere la quale si attende di poter verificare la posizione dei Tribunali – inerente l’esistenza o meno di un preciso obbligo in capo all’Istituto di credito, di denunciare all’Autorità giudiziaria le condotte distrattive e – nell’ipotesi di risposta positiva a detto quesito – delle conseguenze configurabili in capo al mutuante reticente.

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